Centro Medico Toscano http://www.cmt-firenze.it L'eccellenza nella prevenzione Wed, 28 Jun 2017 13:47:14 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.7.2 Come prevenire le vene varicose http://www.cmt-firenze.it/come-prevenire-vene-varicose/ http://www.cmt-firenze.it/come-prevenire-vene-varicose/#respond Mon, 29 May 2017 11:05:02 +0000 http://www.cmt-firenze.it/?p=4894 Le vene varicose sono la manifestazione di una insufficienza venosa agli arti inferiori, che può complicarsi con ulcere trofiche in prossimità delle caviglie, 0, con trombosi venose superficiali o profonde, fino all’embolia polmonare (con le conseguenze ad essa legate) ...

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Cosa sono le vene varicose alle gambe ?
Le vene varicose sono la manifestazione di una insufficienza venosa agli arti inferiori, che può complicarsi con ulcere trofiche in prossimità delle caviglie, o, con trombosi venose superficiali o profonde, fino all’embolia polmonare (con le conseguenze ad essa legate).

Da cosa sono causate?
Nella maggior parte dei casi da una predisposizione genetica (familiarità), oppure, nelle donne, a seguito di uno squilibrio ormonale, soprattutto con la gravidanza, oppure, a seguito di un trauma agli arti inferiori, o ancora, a seguito di una pregressa trombosi venosa profonda.

Chi è soggetto alla comparsa delle vene varicose?
Coloro che in famiglia hanno parenti che hanno sofferto di tale patologia (madre, padre, nonni, zii, fratelli), o che hanno avuto una o più gravidanze, o subito un trauma agli arti inferiori, o a seguito di una precedente trombosi venosa profonda.

Cos’è l’ecocolordoppler venoso agli arti inferiori?
È un esame non invasivo, dove è possibile, con l’ecografia lo stato dei vasi venosi (vene femorali, vene poplitee, vene safene e collaterali, e vene perforanti) scoprire se vi sono delle dilatazioni, o la presenza di trombi, e con il doppler, valutare il flusso del sangue all’interno dei vasi e quindi calcolare il grado di reflusso (l’inversione del flusso del sangue ed il tempo di reflusso) e quindi la gravità dell’insufficienza venosa.

Quando va eseguito un ecocolordoppler venoso agli arti inferiori?
Quando si hanno uno o più fattori di rischio: familiarità, in gravidanza, a seguito di un trauma, o di una precedente trombosi venosa profonda, oppure, quando si vede la comparsa di vene varicose o di ulcere trofiche. Oppure quando si hanno uno o più sintomi, quali: pesantezza, stanchezza, crampi notturni, gonfiore, bruciori, formicolii alle gambe.

Chi se ne occupa?
Prevalentemente medici specialisti in chirurgia vascolare, i quali possono dare le giuste indicazioni per una terapia medica, oppure possono intervenire chirurgicamente quando l’insufficienza venosa è moderata o grave.

Quali sono le buone regole di prevenzione primaria all’insufficienza venosa?
Caminare; mantenere un peso adeguato alla propria altezza; utilizzare calze elastocompressive di prevenzione in caso di lavori eseguiti in piedi o seduti al tavolo di lavoro per lunghe ore; dormire la notte con un guanciale sotto al materasso dalla parte dei piedi; fare comunque un’ecocolordoppler dei vasi venosi agli arti inferiori dopo i 30 anni se c’è una familiarità.

Dr.
Elio Ferlaino

Specialista in
Chirurgia Vascolare

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Come prevenire l’ictus cerebrale http://www.cmt-firenze.it/prevenzione-ictus-cerebrale/ http://www.cmt-firenze.it/prevenzione-ictus-cerebrale/#comments Mon, 29 May 2017 09:40:56 +0000 http://www.cmt-firenze.it/?p=4888 L’ictus celebrale (TIA, o Stroke) è un evento patologico cerebrale drammatico che porta ad uno stato di emiparesi o di afasia (perdita della parola), anche per pochi secondi, oppure la morte, Nel 10% dei casi da emorragia cerebrale (associata quasi sempre ad ipertensione arteriosa). Nel 90% dei casi da un’embolia, di origine carotidea (80% dei casi), o, di origine cardiaca (nel rimanente 20% dei casi ...

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Cosa è l’ictus cerebrale ?
L’ictus celebrale (TIA, o Stroke) è un evento patologico cerebrale drammatico che porta ad uno stato di emiparesi o di afasia (perdita della parola), anche per pochi secondi, oppure la morte.

Da cosa è causato ?
Nel 10% dei casi da emorragia cerebrale (associata quasi sempre ad ipertensione arteriosa). Nel 90% dei casi da un’embolia, di origine carotidea (80% dei casi), o, di origine cardiaca (nel rimanente 20% dei casi).

Chi è soggetto all’isctus cerebrale ?
Coloro che fumano, o che hanno l’ipertensione arteriosa, o il diabete, o il colesterolo alto, che sono in sovrappeso, che camminano poco o niente, che hanno familiarità per infarti ed ictus, o che hanno un’età superiore ai 60 anni..

Cosa è l’ecocolordoppler carotideo vertebrale?
È un esame non invasivo, dove è possibile, con l’ecografia vedere lo stato dei vasi arteriosi (carotidi e vertebrali) e scoprire se vi sono le placche aterosclerotiche, e con il doppler valutare il flusso del sangue all’interno dei vasi e quindi calcolare il grado di stenosi (restringimento delle arterie).

Quando va eseguito un ecocolordoppler carotideo vertebrale?
Quando si hanno uno o più fattori di rischio: fumo, ipertensione arteriosa, diabete, ipercolesterolemia, sovrappeso, sedentarietà, familiarità per infarti ed ictus, età superiore a 60 anni.

Chi se ne occupa?
Prevalentemente medici specialisti in chirurgia vascolare, i quali possono dare le giuste indicazioni per la correzione dei fattori di rischio e una corretta terapia medica, oppure possono intervenire chirurgicamete quando le placche sono, o, molto importanti da determinare una stenosi superiore al 75%, oppure, sono instabili e quindi embolizzare.

Quali sono le buone regole di prevenzione primaria all’ictus cerebrale?
Non fumare assolutamente; mantenere sempre la pressione arteriosa sotto i 140/190; mantenere il Colesterolo Totale sotto i 200; mantenere il Colesterolo LDL (detto cattivo) sotto i 130; mantenere la Glicemia sotto i 110 a digiuno la mattina; mantenere un peso adeguato alla propria altezza; camminare tre chilometri al dì; fare comunque un’ecocolordoppler dei vasi carotidei e vertebrali dopo i 60 anni.

Dr.
Elio Ferlaino

Specialista in
Chirurgia Vascolare

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Patologia Nodulare Tiroidea http://www.cmt-firenze.it/patologia-nodulare-tiroidea/ http://www.cmt-firenze.it/patologia-nodulare-tiroidea/#respond Sat, 20 May 2017 11:13:38 +0000 http://www.cmt-firenze.it/?p=4420 Il riscontro di noduli tiroidei è piuttosto frequente nella pratica clinica in tutto il mondo, soprattutto in aree con deficit di Iodio di grado lieve-moderato come l’Italia. La prevalenza dei noduli tiroidei all’esame clinico è di circa il 4-7%; tale percentuale sale al 50-60% se si utilizza l’indagine ecografica come metodo diagnostico

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Qual’è la frequenza dei noduli tiroidei ?
Il riscontro di noduli tiroidei è piuttosto frequente nella pratica clinica in tutto il mondo, soprattutto in aree con deficit di Iodio di grado lieve-moderato come l’Italia. La prevalenza dei noduli tiroidei all’esame clinico è di circa il 4-7%; tale percentuale sale al 50-60% se si utilizza l’indagine ecografica come metodo diagnostico. In genere, la percentuale di malignità non supera il 5-6% dei casi.
Come si sospetta un nodulo tiroideo ?
La presenza di uno o più noduli all’interno della ghiandola tiroide viene solitamente rivelata o dall’evidenza alla palpazione e/o all’ispezione di tumefazione nella regione anteriore del collo o per il riscontro occasionale nel corso di ecogra a tiroidea eseguita come approfondimento diagnostico in un paziente affetto da ipotiroidismo o ipertiroidismo; oppure ancora per riscontro nel corso di indagini eseguite per patologie non tiroidee (ad es.: Doppler TSA, ecogra a del collo per linfoadenopatia latero-cervicale, ecc.). Chiaramente un sospetto clinico può essere posto in seguito al dato anamnestico di familiarità per patologia nodulare. Esiste inoltre una categoria particolare che è particolarmente a rischio e deve essere sottoposta a screening ed è rappresentata da soggetti che sono stati irradiati al collo.
Avere una normale funzione tiroidea (cioè esami normali) esclude la patologia nodulare tiroidea?
No, un nodulo può coesistere in una ghiandola che funzioni perfettamente come anche può riscontrarsi durante indagini eseguite per ipo o per ipertiroidismo. Quindi per conoscere lo stato di salute della propria tiroide è necessario eseguire un esame ecogra co e contestual- mente un prelievo ormonale.
Qual’è la storia naturale del nodulo toroideo?
In assenza di terapia un nodulo tiroideo, si ritiene che circa il 90 % dei noduli subisca un progressivo, variabile, accrescimento nel corso degli anni.
Come si fa a sapere se un nodulo è benigno o no?
Quando indicato, è necessario sottoporsi ad agoaspirato tiroideo che permette l’analisi di materiale proveniente dal nodulo e quindi la diagnosi, precoce, di tumore tiroideo.
Esiste una terapia per il nodulo tiroideo benigno?
Quando indicato, è possibile, in base all’esito degli esami, intraprendere terapia con l-tiroxina a scopo TSH-soppressivo in maniera tale da mettere “a riposo” la ghiandola. Inoltre, considerando la grande concentrazione di patologia tiroidea in zone iodio-carenti, in alcuni casi è possibile prescrivere supplementazione con iodio (utile sopratutto nei bambini e nei giovani).
Esistono dei markers tumorali per la patologia neoplastica tiroidea?
In realtà esistono diverse forme di tumore tiroideo, la forma più frequente, il carcinoma tiroideo papillare non può essere sospettata in base a marcatori speci ci (mentre in fase di follow-up post-operatoria esiste un marcatore che ci indirizza nella terapia e che è rappresentato dalla tireoglobulina). Esiste inoltre una forma abbastanza rara di carcinoma tiroideo, la forma midollare, che può essere sospettata grazie al dosaggio di un ormone prodotto dalle cellule C parafollicolari, la calcitonina.
Cosa succede alla diagnosi di neoplasia tiroidea?
Il paziente viene indirizzato all’intervento chirurgico e successivamente, in base alle caratteristiche dell’istologia viene deciso se proseguire con la terapia radiometabolica con I131. Chiaramente il paziente dovrà essere sottoposto per tutta la vita a terapia sostitutiva e naturalmente a follow-up endocrinologico ma in genere la patologia ha un decorso favorevole. Proprio per questo è importante sottoporsi al giusto percorso diagnostico individualizzato.

Dr.ssa
Serenella Cecchi

Specializzata in
Endocrinologia

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Tartaro: cos’è e come prevenirne la formazione http://www.cmt-firenze.it/odontoiatria-tartaro/ http://www.cmt-firenze.it/odontoiatria-tartaro/#respond Thu, 27 Apr 2017 14:14:00 +0000 http://www.cmt-firenze.it/?p=3968 Il tartaro è formato dall’insieme dei depositi minerali che si annidano intorno al dente. Dopo ogni pasto, una leggera patina formata dai residui di cibo ricopre i denti, creando l'ambiente ideale per un attacco batterico.

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Il tartaro è formato dall’insieme dei depositi minerali che si annidano intorno al dente. Dopo ogni pasto, una leggera patina formata dai residui di cibo ricopre i denti, creando l’ambiente ideale per un attacco batterico.

Questa patina, morbida e facilmente eliminabile nelle prime ore dopo il pasto, tende a calcificarsi in un tempo che può variare dalle 12 alle 18 ore. Essa, infatti, si lega ai sali calcarei e ai fosfati presenti nella saliva, trasformandosi in una sostanza dura e con alto potere adesivo.

La saliva gioca un ruolo chiave nella formazione del tartaro, che infatti si forma prevalentemente sulla superficie vestibolare dei molari superiori e sulla superficie linguale degli incisivi inferiori, proprio in corrispondenza delle ghiandole salivali. Inoltre, una saliva con pH alcalino facilita e riduce i tempi di mineralizzazione della placca e, di conseguenza la formazione del tartaro.

Nei casi più gravi il tartaro può penetrare nella gengiva: questo genera processi infiammatori a carico della gengiva che tende a gonfiarsi e scollarsi progressivamente dal dente creando delle vere e proprie tasche parodontali in cui i batteri possono proliferare danneggiando il dente.

Il tartaro ha una capacità di adesione tale da non essere rimovibile se non ricorrendo all’intervento di un dentista o di un igienista.

Oltre all’igiene in studio è importantissimo lavarsi i denti dopo ogni pasto utilizzando gli strumenti più adatti alle specifiche esigenze di ognuno per prevenire una gran quantità di patologie orali.

Scegliere lo spazzolino adatto, per forma e dimensione, a raggiungere facilmente ogni dente, prediligere setole artificiali delicate, investire in un buon dentifricio, spazzolare con il movimento corretto ed utilizzare regolarmente il filo interdentale sono le migliori armi a vostra disposizione per mantenere una bocca sana.

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Allergia alle Graminacee: sintomi e alimenti da evitare http://www.cmt-firenze.it/allergia-graminacee-alimenti/ http://www.cmt-firenze.it/allergia-graminacee-alimenti/#comments Fri, 27 Jan 2017 08:59:39 +0000 http://sviluppo1.ilbarone.net/?p=1 Le allergie ai pollini si manifestano in corrispondenza alla fioritura della pianta cui il polline appartiene. Le piante che creano i maggiori problemi sono la betulla e il nocciolo, che fioriscono tra gennaio e marzo, e l'ambrosia e il carpino.

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Le allergie ai pollini si manifestano in corrispondenza alla fioritura della pianta cui il polline appartiene. Le piante che creano i maggiori problemi sono la betulla e il nocciolo, che fioriscono tra gennaio e marzo, e l’ambrosia e il carpino.

L’allergia più comune, che colpisce quasi il 15% della popolazione italiana, è quella alle graminacee e può determinare fenomeni di ipersensibilità alimentare legati alla alla combinazione tra pollini e le proteine contenute in determinati alimenti.

Tra le specie responsabili della reazione allergica troviamo: la gramigna dei prati, il grano, l’avena, il granturco, la segale, l’erba bambagina, la cannarecchia. l’erba codolina e l’erba mazzolina.

Le proteine che rivestono i pollini di queste piante scatenano una reazione anomala del sistema immunitario che, interpretandole come pericolose, libera l’istamina, responsabile dell’infiammazione. Improvvisamente il paziente può avvertire prurito agli occhi, al naso, al palato, alla gola, avere il naso chiuso o che cola, starnutire, accusare difficoltà respiratorie o nella deglutizione o avere occhi che lacrimano o gonfi.

Dopo la diagnosi, che si ottiene con il test allergologici cutanei (prick test) o attraverso la ricerca di anticorpi specifici nel sangue, l’allergologo suggerirà il trattamento farmacologico più utile, oppure opterà per la tecnica della desensibilizzazione.

Quando all’allergia si accompagna una reazione ad alcuni alimenti si ha la cosiddetta sindrome orale allergica. In questi casi si scatena una reazione tra le proteine dei pollini e alcune proteine allergeniche presenti anche in molti cibi.

Il paziente accusa prurito o edema labiale e orale o edema della glottide, gastralgie, nausea, vomito, diarrea, rinite, asma, orticaria o addirittura anafilassi.

Per l’allergia alle graminacee i cibi più a rischio sono: arachidi, mandorle, pomodori, anguria, melone, arancia, limone, kiwi, albicocca, prugna, pesca e ciliegie.

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